domenica 3 febbraio 2013

IL NARCISISMO




1. Freud e il narcisismo

Freud lega il concetto di narcisismo alla teoria pulsionale: ci sono due tipi di pulsioni, quelle sessuali, che mirano alla conservazione della specie, e le pulsioni di autoconservazione o dell'Io, che mirano a preservare l'individuo. Lo sviluppo dell'apparato pulsionale passa attraverso uno stadio autoerotico, suddiviso in due parti: quello dell'autoerotismo vero e proprio e quello narcisistico. Attraverso il passaggio da questi due stadi si arriva alla scelta oggettuale, in cui gli oggetti legati alla soddisfazione pulsionale diventano esterni all'individuo.

Con il saggio "Introduzione al narcisismo" (1914), Freud fa rientrare tale costrutto a tutti gli effetti nella teorizzazione psicoanalitica. Accostò il narcisismo alle altre tappe che permeavano il normale decorso dello sviluppo sessuale negli uomini. Allo stesso tempo, egli utilizzò le teorizzazioni introdotte in tale saggio legandole alle osservazioni effettuate su malati affetti da "parafrenia", ossia persone schizofreniche. Nella parafrenia, secondo Freud, vi sarebbe il ritiro della libido dagli oggetti esterni, libido che si reinvestirebbe poi sull'Io del paziente. Una seconda fase sarebbe caratterizzata dal tentativo di reinvestimento degli oggetti esterni in forma allucinata. Quindi, il narcisismo teorizzato de Freud in soggetti non malati si rifà ad un Io evoluto, in cui il soggetto abbia delle pulsioni dirette verso oggetti esterni, non autoerotiche. Le pulsioni legate all'autoerotismo si rifarebbero invece a un Io non pienamente evoluto.    

L'osservazione del comportamento sentimentale degli uomini permetterà a Freud di ampliare la sua teorizzazione sul narcisismo: egli fa una distinzione fra eterosessualità e omosessualità: nella prima le pulsioni sessuali sono legate inizialmente al soddisfacimento delle pulsioni dell'Io, si renderanno indipendenti in seguito. Nell'omosessualità, invece, l'oggetto d'amore verso cui sono indirizzate le pulsioni sessuali è la propria persona. Nella donna, secondo Freud, il narcisismo sussisterebbe in forma maggiore anche dopo il pieno sviluppo psicosessuale.

Per Freud esiste quindi un investimento libidico originario dell'Io, una cui parte viene in seguito ceduta agli oggetti. In età adulta, in situazioni di intolleranza verso la realtà, la libido può essere reintroiettata e reinvestita sull'Io. Si viene così a creare uno stadio di narcisismo secondario, caratteristico delle schizofrenie. Per Freud tali patologie non sarebbero trattabili con la tecnica psicoanalitica, poiché non sussisterebbero le condizioni per cui il malato possa creare una forma di investimento sull'analista (relazione di transfert).

La concettualizzazione freudiana del narcisismo ha un limite legato al fatto che tali patologie non sarebbero trattabili con la psicoanalisi. Sicuramente più approfondite sono le successive teorizzazioni di autori quali Heinz Khout e Otto Kernberg.


2. Il narcisismo nella teoria Khoutiana

Freud, come abbiamo visto, poneva l'accento dei pazienti con patologie narcisistiche sul conflitto intrapsichico. Kouth, padre della psicologia del sé, teorizzò che tali disturbi fossero espressione di un conflitto tra il Sé e gli oggetti esterni.

Kohut sostiene che il paziente narcisista è caratterizzato da due tipi di manifestazioni che si possono riscontrare nel processo analitico: il transfert idealizzante e quello speculare. Il primo caso corrisponderebbe a quei pazienti che attivano nella relazione analitica un immagine parentale idealizzata. L'analista sarebbe quindi avvertito come un oggetto-sé arcaico, che sviluppa reazioni di forte dipendenza nel paziente, paziente che in mancanza di tale oggetto sperimenta vissuti di impotenza, mentre, approvato in modo incondizionato da tale oggetto riesce a mantenere il suo equilibrio. La traslazione – o transfert – speculare, si caratterizza per la riattivazione di un Sé grandioso. L'oggetto-analista sarebbe utilizzato a sostegno di tale grandiosità. Ci sono tre livelli di transfert speculare teorizzati da Kohut:

fusionale: è il più regressivo dei tre. L'analista è inglobato all'interno del Sé del paziente. Si relizza così una sorta di fusione analitica, in cui il paziente percepisce la coppia analitica come una cosa sola;

alter ego: il paziente percepisce l'oggetto-analista come simile a lui. Il mondo viene vissuto come ostile ai vissuti e alle necessità del paziente;

speculare: l'analista viene percepito come persone separata da Sé. Il paziente valorizza la relazione analitica nella misura in cui si sente rispecchiato all'interno di questa, altrimenti prova vissuti svalutativi nei confronti dell'analista e del processo.

Kohut effttuò le sue teorizzazioni sul narcisismo a partire da intuizioni cliniche legate allo sviluppo: nella crescita normale, i processi di idealizzazione avrebbero uno sviluppo indisturbato nella misura in cui ci fossero risposte empatiche da parte della madre. Questo permetterebbe il passaggio da un Sé grandioso e arcaico a forme di autostima più mature. In sostanza, quindi, la patologia narcisistica sarebbe determinata da un fallimento della funzione empatica della madre, fallimento che porterebbe a un arresto nell'evoluzione. L'individuo si fermerebbe così a un livello di Sé arcaico, e porterebbe così avanti una continua ricerca dell'oggetto-sé idealizzato. Quindi, nella teorizzazione Kohutiana, l'ambiente inciderebbe fortemente sullo sviluppo normale o patologico del soggetto. Tale teorizzazione ha le seguenti ricadute a livello clinico: l'analista deve permettere al paziente un'iniziale idealizzazione narcisistica, al fine di sviluppare una buona alleanza terapeutica. Una volta raggiunto tale obiettivo, l'analista si concentrerà sul Sé frustrato del paziente attraverso interventi empatici che rimandino al paziente un vissuto di rispecchiamento dell'analista nei suoi confronti. La mancanza di empatia causerebbe al paziente sensazioni di rabbia e frustrazione. Quando tali vissuti venissero a galla, potrebbero essere oggetto di esame a livello transferale.


3. Il narcisismo nella teoria di Kernberg

Kernberg teorizza una stretta connessione fra lo sviluppo narcisistico e quello delle relazioni oggettuali. I disturbi narcisistici di personalità si affiancherebbero quindi a relazioni oggettuali patologiche. Kernerg presuppone che tratti narcisistici si ritrovino anche nello sviluppo di persone "sane". In pazienti con disturbi di personalità il narcisismo assume però connotazioni patologiche.

La differenza fra persone patologiche e non patologiche sarebbe sia qualitativa sia quantitativa fin dalla comparsa del narcisismo primario in età infantile. Infatti, lo sviluppo di una personalità narcisistica - nel senso patologico -, inizierebbe nel periodo che va dai tre ai cinque anni. Il soggetto associa le rappresentazioni idealizzate e positive - sia del Sé sia dell'oggetto - formando così un Sé grandioso patologico. Un soggetto sano, dal canto suo, riesce nella funzione integrativa di immagini buone e cattive sia del Sé sia dell'oggetto. Così, lo sviluppo di un Sé grandioso patologico porta a una visione di sé irrealistica o idealizzata, accompagnata da continue necessità di rinforzi dall'esterno per mantenere sia questo fragile equilibrio sia una qualche forma di autostima. La persona va così incontro a continue disillusioni. Genitori che siano a un tempo freddi e distaccati, ma che abbiano anche aspettative esagerate nei confronti del bambino potrebbero favorire la formazione del Sé grandioso patologico.

Kernberg considerava quindi questa patologia come una struttura patologica con una funzione difensiva, in special modo per quanto riguarda aspetti legati alla dipendenza. Tale difesa si attuerebbe attraverso una proiezione delle parti che il paziente avverte come mancanti. L'altro diviene così oggetto di continui attacchi e svalutazioni. Questo porta nel tempo a un effettivo impoverimento del mondo interno del paziente, impoverimento accompagnato da sensazioni di vuoto interiore, sensazioni che stanno alla base delle continue richieste di ammirazione e accettazione da parte del paziente narcisista. Kernberg considerava inoltre l'aggressività un fattore di primaria importanza nella formazione del sé grandioso patologico: infatti, l'impossibilità del paziente narcisista di integrare le rappresentazioni positive con quelle negative sarebbe opera di una pulsione aggressiva. Pulsione che porta alla formazione di immagini scisse che vanno dall'eccessiva idealizzazione all'eccessiva svalutazione.


4. Confronto fra le due teorie 

Le formulazioni teoriche di Kouth e Kernberg partono da presupposti differenti: mentre il campione di riferimento di Kohut era formato da pazienti con un funzionamento globale abbastanza buono, Kernberg basava le sue teorizzazioni su pazienti più compromessi.  Inoltre Kernberg sosteneva che la personalità narcisistica fosse una sottocategoria del disturbo borderline di personalità. Si discostava da esso per quanto riguardava la grandiosità del Sé narcisistico, che deriva in questo caso da una fusione fra sé ideale e sé reale.

Gabbard (1994) fa le seguenti distinzioni per quanto riguarda le teorizzazioni di Kohut e Kernberg:

Kohut:

la sua teoria si basa su pazienti con un funzionamento relativamente buono, la cui stima di sé è vulnerabile alle offese - tutti pazienti ambulatoriali;
differenzia la personalità narcisista dagli stati borderline;
non definisce il mondo interno della personalità narcisistica poiché pone l'accento sulle interiorizzazione di funzioni mancanti;
definisce il sé come un normale sé arcaico, evolutivamente bloccato;
ritiene che il sé non sia difensivo;
focalizza principalmente gli aspetti lipidici idealizzanti concettualizzando l'aggressività come secondaria a una ferita narcisistica;
accetta l'idealizzazione alla lettera come una fase normale dello sviluppo che compensa una struttura psichica mancante.

Kernberg, dal canto suo:

fonda una teoria basata su pazienti ambulatoriali e ricoverati, per la maggior parte primitivi, aggressivi e arroganti con intensa grandiosità che coesiste con timidezza;
definisce la personalità narcisistica come straordinariamente affine a una sottocategoria della personalità borderline. Benché la maggior parte di tali pazienti abbia un funzionamento dell'Io migliore rispetto al paziente borderline, alcuni funzionano a un livello francamente borderline;
delinea le difese primitive e le relazioni d'oggetto tipiche del disturbo borderline di personalità;
definisce il sé come struttura altamente patologica costituita dalla fusione del sé ideale, dell'oggetto ideale e del sé reale;
ritiene che il Sé grandioso sia difensivo nei confronti dell'investimento o della dipendenza dagli altri;
sottolinea l'invidia e l'eggressività;
considera l'idealizzazione come una difesa contro rabbia, invidia, disprezzo e svalutazione.

Si può vedere come mentre Kohut poneva l'accento su mancanze ambientali che favorivano lo sviluppo di una personalità narcisistica, l'eziopatogenesi del disturbo, nella teorizzazione di Kernberg, era restituita al paziente stesso, responsabile della genesi della patologia.


5. Il disturbo di personalità narcisistico in psichiatria

Il disturbo narcisistico di personalità è così descritto nel  DSM-IV-tr: un quadro pervasivo di grandiosità (nella fantasia o nel comportamento), caratterizzato dalla continua necessità di ammirazione e da mancanza di empatia, che compare entro la prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti, come indicato da cinque o più dei seguenti elementi:

ha un senso grandioso di importanza (per es., esagera risultati e talenti, si aspetta di essere notato come superiore senza una adeguata motivazione);
è assorbito da fantasie di illimitati successo, potere, fascino, bellezza, e di amore ideale;
crede di essere "speciale" e unico, e di dover frequentare e poter essere capito solo da altre persone (o istituzioni) speciali o di classe elevata;
richiede eccessiva ammirazione;
ha la sensazione che tutto gli sia dovuto, cioè, la irragionevole aspettativa di trattamenti di favore o di soddisfazione immediata delle proprie aspettative;
sfruttamento interpersonale, cioè, si approfitta degli altri per i propri scopi;
manca di empatia: è incapace di riconoscere o di identificarsi con i sentimenti e le necessità degli altri;
è spesso invidioso degli altri, o crede che gli altri lo invidino;
mostra comportamenti o atteggiamenti arroganti e presuntuosi.

Così, la nosografia psichitrica individua tre principali dimensioni patologiche che caratterizzano questo disturbo: la grandiosità nella fantasia o nel comportamento; la necessità di continue rassicurazioni e la mancanza di empatia nei confronti degli altri. Sempre Gabbard, fa una interessante distinzione fra due tipi di pazienti narcisistici, quello consapevole e quello ipervigile:

il narcisista inconsapevole è caratterizzato dai seguenti comportamenti: arroganza, invasività, egocentrismo, continui tentativi di truffare l'altro. Tale paziente si dice inconsapevole perchè non sembra rendersi conto della conseguenze dei propri atteggiamenti. Ne consegue che ci sia una certa discrepanza fra aspirazioni percepite e realtà esterna;
il narcisista ipervigile è invece caratterizzato dai seguenti comportamenti: indefiniti sentimenti di depressione, particolare sensibilità a come gli altri reagiscono nei loro confronti; timidezza e inibizione, difficoltà a mettersi in evidenza per paura dell'umiliazione e del rifiuto.



Bibliografia 


American Psychiatric Association (2000), DSM-IV-TR Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali: text revision, Milano, Masson, 2001.

Clarkin, J. F., Lenzenwerger, M. J., a cura di, (1996), I disturbi della personalità. Le cinque principali teorie, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1997.

Freud, S., (1914), Introduzione al Narcisismo, trad. it. Bollati Boringhieri, Torino, 2009.

Gabbard, G. O., (1994), Psichiatria Psicodinamica, trad. it. Cortina editore, Milano, 2002.

Kernberg, O., (1978), Sindromi marginali e Narcisismo patologico, trad. it. Bollati Boringhieri, Torino, 2000.

Kernberg, O., (1984), Disturbi gravi della Personalità, trad. it. Bollati Boringhieri, Torino, 1987.

Lasch, C., (1979), La cultura del Narcisismo. L’individuo in fuga dal sociale in un’età di disillusioni collettive, trad. it. Bompiani, Milano, 1999.

Mc Williams, N., (1994), La Diagnosi Psicoanalitica, trad. it. Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1999.

Mitchell, S. A., (1988), Gli Orientamenti Relazionali in Psicoanalisi, trad. it. Bollati Boringhieri, Torino, 1993.

Sassanelli, G., (1998), Narcisismo. Condizione umana o disturbo della personalità, Edizioni Borla, Roma.


(Contributo on line)

venerdì 1 febbraio 2013

FREUD: LA DIGNITA' NELLA MALATTIA



Nel 1921 le opere di Freud trovarono un ampio consenso e, in risposta ad una aumentata richiesta, i suoi libri vennero tradotti in molte lingue. Uno dei direttori francesi della “Nouvelle Revue Française“, André Gide, chiese il consenso per effettuare la pubblicazione degli scritti di Freud. Nel luglio di quell’anno, la Verlag comprò da Heller per sessantacinquemila marchi, i diritti di tutti i libri di Freud. Tutti i membri del Comitato incontrarono Freud a Berlino il 20 settembre del 1921, occasione che diede loro modo di discutere su alcuni argomenti scientifici tra i quali la telepatia, il cui lavoro fu ritrovato solo dopo la morte di Freud e pubblicato successivamente. L’altro tema che condivise con i suoi collaboratori riguardava il meccanismo sottostante la gelosia paranoide, quindi l’incontro si concluse con un lavoro sui sogni. Sempre nel 1921 Freud venne eletto membro onorario della Società Olandese di Psichiatria e Neurologia, e riscrisse e pubblicò il suo libro già noto “Psicologia di gruppo e analisi dell’io”.
Il 1922 iniziò con la visita a Vienna di alcuni membri del Comitato. In quel periodo Freud stava seguendo degli studenti americani nella loro formazione personale psicoanalitica e propose loro di completare tale formazione con un approfondimento teorico, che avrebbero potuto ottenere con la partecipazione ad alcune conferenze, che avrebbero tenuto alcuni analisti viennesi. In ragione di ciò, Abraham, Ferenczi, Róheim e Sachs tennero ciascuno un paio di conferenze.
Il 31 maggio del 1922 Anna Freud lesse, presso la Società di Vienna, un suo lavoro dal titolo “Le fantasie di percosse e i sogni diurni“ ed il 13 giugno venne eletta membro della Società, con grande soddisfazione del padre.
FreudIl 1 agosto Freud iniziò le vacanze con i suoi cari, periodo che però venne turbato dalla morte dalla nipote, Caecile, a cui voleva particolarmente bene.
Nell’agosto di quell’anno Ferenczi soggiornava a Seefeld con Rank; vennero raggiunti da Abraham e Sachs e in quella occasione maturò la decisione che i membri del Comitato si chiamassero per nome e si dessero del tu. Freud si rivolgeva a tutti loro con un formale Lei e le sole persone alle quali dava del tu erano due suoi compagni di studi: lo psichiatra professor Julius Wagner-Jauregg e l’archeologo professor Löwy. Dal 25 al 27 settembre 1922 si tenne il Congresso a Berlino ove Freud lesse una relazione che si intitolava “Alcune osservazioni sull'inconscio“. Altre comunicazioni furono di: Abraham sulla melanconia, Ferenczi sulla teoria genitale, Melanie Klein, di Hermann Numberg, di Róheim ecc. Jones riferì in quell’occasione che i membri dell’Associazione erano passati negli ultimi due anni, da un numero di centonovantuno a duecentotrentanove.
Nel febbraio del 1923 comparvero i primi segni della malattia di Freud, che tenne nascosta per un paio di mesi anche ai suoi familiari. Jones ne venne a conoscenza in una lettera datata 25 aprile: ”Due mesi fa ho scoperto sulla mia guancia e sul palato, a destra, una proliferazione leucoplastica che ho tolto il giorno 20. Sono ancora a riposo e non posso inghiottire. Mi hanno assicurato che la cosa è benigna, ma come Lei sa, nessuno può garantirne l’andamento qualora le si permetta di crescere ulteriormente. La mia diagnosi era epitelioma, ma non l’hanno accettata. L’etiologia di questa reazione tissutale è imputata al fumo”.
Tutto ebbe inizio quando Freud, nella terza settimana di aprile, consultò uno dei migliori otorini, Markus Hajek, che fece diagnosi di leucoplachia da fumo, e che, a dispetto della gravità della forma riscontrata consigliò un intervento in regime ambulatoriale. Qualche giorno prima si era recato da Freud Felix Deutsch, che aveva necessità di parlargli di questioni personali, ed aveva ricevuto da Freud la richiesta di esprimere la propria opinione su quella proliferazione. Anche Deutsch fu dell’avviso che fosse necessario un intervento chirurgico radicale.
Qualche giorno dopo Freud si recò, all’insaputa della famiglia, presso la clinica dove lavorava Hajek, clinica che faceva parte di un ospedale generale e che non aveva camere private. Possiamo ben comprendere la sorpresa e la preoccupazione dei familiari, quando ricevettero la telefonata dalla clinica che chiedeva loro di portare gli oggetti personali di Freud perché potesse trascorrere la notte. Chiaramente l’operazione fu più impegnativa del previsto: i familiari trovarono Freud seduto su una sedia con gli indumenti impregnati di sangue, e poiché non c’era una camera libera venne sistemato in una cameretta con un altro paziente. L’infermiera non consentì alla moglie e alla figlia di trattenersi, e quando tornarono un paio di ore dopo, vennero informate che Freud aveva avuto un importante episodio emorragico e che era salvo solo grazie al tempestivo intervento del suo compagno di stanza. Anna volle assistere il padre durante l’intera notte e le condizioni del paziente si mantennero a lungo molto critiche. Così terminò il primo dei trentatré interventi a cui dovette sottoporsi Freud nel corso della sua vita.
La proliferazione risultò cancerosa: seguirono due trattamenti con raggi x e somministrazioni di capsule di radio. Le cure risultarono così tossiche che Freud, ancora quattro mesi dopo, scriveva di non aver trascorso un’ora senza soffrire ed aggiungeva: ”Una comprensibile indifferenza verso la maggior parte delle banalità della vita mi dimostra che l’azione del mio dolore scende in profondità. Tra queste banalità annovero anche la scienza. Non ho idee nuove e non ho scritto una riga”.
A ciò si aggiunse la morte all’età di quattro anni di suo nipote, secondogenito di Sophie, per una tubercolosi miliare.
Concordemente con i medici Freud riuscì a partire per la sua consueta vacanza di tre mesi, ma dietro le insistenze della figlia incontrò Deutsch, che constatando la ricomparsa della proliferazione ritenne necessaria un’altra operazione.
Il 26 settembre 1923 Pichler e Hajek dopo un esame scrupoloso al quale sottoposero Freud, riscontrarono la presenza nel palato, di un ulcera maligna che invadeva i tessuti circostanti, per cui fu inevitabile un ulteriore intervento chirurgico. Questo venne eseguito in due tempi, il 4 e l’11 ottobre. Nella prima operazione venne legata l’arteria carotidea esterna e furono rimosse le ghiandole sottomascellari, nella seconda operazione venne asportata la mascella e parte del palato con il risultato che si creò una fusione della cavità nasale con quella orale. Durante la degenza Freud scrisse una volta a Jones, senza far alcun riferimento sull’esito dell’intervento, ed un’altra ad Abraham, con concise parole che esprimevano l’importante depauperamento energetico in cui versava il Maestro:
"19 ottobre 1923
Lieber unverbesserlicher (incorreggibile) ottimista, oggi cambiato tampone. Uscito dal letto. Vestito quel che rimane di me. Grazie di tutte le notizie, lettere, auguri e ritagli di giornale. Non appena potrò dormire senza iniezione, tornerò a casa. Herzlich. Ihr Freud “

Le conseguenze degli interventi, imposero a Freud l’uso di una protesi che separasse la bocca dalla cavità nasale di difficile manovrabilità, poiché le difficoltà ad aprir la bocca erano enormi. La protesi venne soprannominata “il mostro“: da quel momento in poi l’eloquio divenne molto difficile, come del resto l’atto della masticazione.
Freud poté rientrare a casa il 28 ottobre, ed era suo intendimento riprendere il lavoro il 1 novembre, ma il 12 novembre Pichler dovette effettuare un altro intervento chirurgico per la presenza di tessuto canceroso sulla cicatrice dell’intervento originario. In quella sede venne asportato un ampio tratto del tessuto molle, il vecchio tessuto cicatriziale e il processo pterigoide dell’osso.
Il 17 novembre si sottopose volontariamente ad un intervento secondo Steinach, legamento del vaso deferente di entrambi le parti, nella speranza che la rivitalizzazione che l’intervento prometteva potesse dilazionare una metastasi del cancro.
L’idea era stata di von Urban che aveva lavorato con Steinach ed era entusiasta dei risultati ottenuti, ma purtroppo Freud non ne poté trarre alcun beneficio.
Questo quadro descrive solo in parte l’enorme sofferenza che Freud dovette affrontare negli anni successivi. Il lavoro più importante che scrisse nel 1923, in febbraio, fu pubblicato ad aprile sul numero della “Zeitschrift“ con il titolo “L’organizzazione genitale infantile della libido“.
Nel 1924 Freud avrebbe voluto prendere parte al Congresso di Salisburgo e cogliere l’occasione di stemperare gli attriti all’interno del Comitato, ma le condizioni di salute non glielo permisero, anche perché non avrebbe avuto le energie necessarie, come era sua abitudine, di ascoltare ogni relazione.
Il 2 gennaio di quell’anno poté riprendere il lavoro, seppur con le prevedibili difficoltà di loquela. La notizia sul suo stato di salute si era ormai divulgata, tanto che il Consiglio Comunale volle dedicare a Freud, in occasione del compleanno, il Bürgerrecht di Vienna, l’equivalente della cittadinanza onoraria. Il suo commento sarà come sempre molto aspro: “Altri ancora devono aver pensato che il mio prossimo 68° compleanno può esser l’ultimo, poiché la città di Vienna si è affrettata a tributarmi quel giorno l’onore del suo Bürgerrecht che di solito spetta ai 70 anni”. 
L’VIII Congresso Internazionale si tenne dal 21 al 23 aprile a Salisburgo, e Jones colse l’occasione per recarsi subito dopo a Vienna. L’incontro con Freud fu traumatico perché il cambiamento dell’aspetto e il mutamento della voce erano enormi.
In una lettera indirizzata a Jones del 16 luglio 1924, Freud esprimerà la sua soddisfazione, abbandonando l’iniziale scetticismo, sulla traduzione e successiva pubblicazione dei Collected Papers : ”La notizia datami da Mrs. Rivière circa il primo volume della raccolta è stata un piacere e una sorpresa. Confesso di aver avuto torto. Ho sottovalutato o la durata della mia vita o le sue energie. Le prospettive esposte nella Sua lettera circa i volumi successivi mi sembrano splendide”.
Quando poi ricevette il primo volume ne fu entusiasta: ”E’ arrivato il primo volume della “raccolta”. Bellissimo. Imponente. La mia unica perplessità - che questi vecchi scritti non costituiscano una buona introduzione per il pubblico inglese - è composta dalla notizia che il secondo volume seguirà tra poche settimane. E’ auspicabile che presto seguano pure i casi clinici: sono la cosa a cui attribuisco maggiore importanza: Vedo che Lei ha raggiunto il Suo scopo di assicurare un posto, in Inghilterra, alla letteratura psicoanalitica e mi congratulo con Lei di questo risultato nel quale avevo quasi cessato di sperare”.
Nel 1924 Freud pubblicò oltre ad alcune prefazioni, cinque lavori: in due di questi “Nevrosi e psicosi“ e “La perdita della realtà nelle nevrosi e psicosi“ approfondiva quanto già esposto in “L’Io e l’ES“. In aprile fece la sua comparsa “Il problema economico del masochismo“ e in luglio “Tramonto del complesso di Edipo“.
Nel 1925 Jones comunicò a Freud che era stato fondato a Londra un Istituto di Psicoanalisi.
Al Congresso di Salisburgo era stata proposta Lucerna come sede del successivo Congresso, ma gli svizzeri indicarono Ginevra con l’impegno che ad ogni relazione seguisse una discussione. Poiché la richiesta poneva dei notevoli problemi di realizzazione, Abraham dovette decidere di organizzarlo in Germania. Anche in quella occasione Freud dovette rinunciare, come non poté incontrare Abraham e sua moglie che avevano progettato una visita a Vienna durante la Pasqua. Per il compleanno di Freud, il 6 maggio del 1925, i soli membri del Comitato presenti furono Ferenczi e Eitingon.
In quell’anno Abraham cominciò a presentare delle noie di salute, tanto che al congresso di Homburg, tenutosi da 2 al 5 settembre, era molto provato anche per gli effetti della morfina con la quale cercava i sedare la sua tosse cronica. In quell’occasione Jones suggerì ad Eitingon, che durante il Congresso si istituisse una Commissione Internazionale che stabilisse dei criteri generali per il training psicoanalitico, ai quali tutte le Società avrebbero dovuto aderire per favorire un proficuo scambio scientifico. Durante la riunione amministrativa la proposta venne accolta immediatamente. Freud in quell’occasione affidò alla figlia Anna la lettura della sua relazione dal titolo “Alcune conseguenze psicologiche della distinzione anatomica tra i sessi“, pubblicata un mese dopo sulla “Zeitschrift“.
Abraham continuava intanto ad essere tormentato dalla sua malattia e, in ragione dell’ingrossamento del fegato, insistette perché venisse operato alla cistifellea, attribuendo a questa la causa dei suoi disturbi. Richiese inoltre che la data dell’intervento fosse scelta secondo i calcoli della teoria di Fliess, ed in una lettera indirizzata a Freud, riportò i saluti che l’ex amico e collega gli inoltrava. La risposta del Maestro fu perentoria: ”Questa espressione di simpatia dopo 20 anni mi lascia ben freddo“.
Successivamente emerse in modo inequivocabile che Abraham fosse affetto da un cancro al polmone: il 18 dicembre del 1925 Jones ricevette un telegramma da Sachs, che lo informava delle gravissime condizioni in cui versava il collega. Abraham una settimana dopo morì. Il giorno in cui Freud ricevette la notizia, scrisse un breve necrologio che sarebbe stato completato da uno scritto biografico da parte di Jones. Nel necrologio vi inserì una citazione di Orazio “Integer vitae scelerisque purus” (“Un uomo integro e senza macchia“) e precisò a Jones: ”Ho sempre giudicato particolarmente di cattivo gusto le esagerazioni in occasione di una morte. Ho cercato accuratamente di evitarle, ma sento che questa citazione è veramente calzante”. 

(Contributo on line)